Il parere del magistrato
Le intercettazioni una violazione di diritti fondamentali
L'articolo 270 del codice di procedura penale dispone che "i risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali sono disposti". Alla faccia dell'"Italia culla del diritto"
Il gran polverone sollevato dalla notizia della trasmissione dei verbali di intercettazioni telefoniche dalla giustizia ordinaria (Procura di Torino) a quella sportiva e da questa a tutti i mass media mondiali, non ha sufficientemente fatto riflettere su di una circostanza, che invece é preliminare ad ogni dibattito: quella della palese illeggitimità di questa trasmissione. Nessuno ha considerato infatti, che una precisa norma del codice di procedura penale, l'art. 270. dispone testualmente: "i risultati delle intercettazioni non posso essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali sono disposti". Qualcuno potrebbe obiettarmi che questo divieto, cosi tassativo, opererebbe solo fra procedimenti penali. In realtà non é cosi per due ordini di ragioni: in primo luogo per la lettere stessa della norma che usa genericamente il termine "procedimenti diversi da quelli nei quali sono disposti" senza utilizzare l'aggettivo "penali"; in secondo luogo, e sopratutto, per la sua ratio. Ed invero se il legislatore ha posto quel divieto in procedimenti penali, cioé procedimenti nei quali sono violati valori d'interesse fondamentali per il vivere civile e per gli interessi della collettività, a maggior ragione deve pretenderlo in ogni altro procedimento, dove sono in gioco valori di gran lunga inferiori. Quello che si dimentica é che intercettazioni telefoniche vengono ad incidere sul diritto alla riservatezza, costituzionalmente garantito dall'art.15 della Carta fondamentale dello Stato, onde non possono essere utilizzate al di fuori degli stretti limiti entro i quali il legislatore tollera che questo diritto costituzionale possa soccombere rispetto all'interesse superiore di indagini per reati particolarmente allarmanti. Dunque le esigenze della giustizia sportiva, peraltro da tempo squalificata e inattendibile, non giustificano la violazione cosi clamorosa del diritto costituzionale della riservatezza che in questi giorni é stato messo sotto i piedi da un processo mediatico sommario e privo di qualsiasi garanzia difensiva, che ha anticipato, se non sostituito, ogni decisione degli organi preposti a sanzionare gli illeciti sportivi e che rischia di dar luogo ad un pericolosissimo giudizio di piazza (già iniziato con quegli allarmanti striscioni e cori presenti in tutti gli stadi italiani). Il pianto di Bettega, ripreso da tutte le televisioni italiane, é la reazione di un uomo sensibile e di un atleta, che tanto ha dato al calcio italiano, alla barbaria. E c'é chi ancora sostiene che l'Italia é la culla del diritto. E c'é ancora chi si illude che viviamo in uno Stato di diritto.
Leonardo Rinella *Procuratore Generale Onorario della Cassazione*