for those who wanted Berardi
"Berardi: "Il mio no alla Juve? Ho vissuto la loro insistenza come un'imposizione. E poi ho visto Zaza..."
SASSUOLO (MODENA), 14 maggio 2017 - Domenico Berardi ha rilasciato una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport, ecco alcuni dei passaggi più significativi: "Sono nato con il cuore nerazzurro perché certe cose i genitori le passano ai figli e vinse la fede di papà Luigi e di mio fratello Francesco, non quella di mamma Maria che tifa Juve. Da bambino mi riempì gli occhi Ronaldo il Fenomeno, a 15 anni toccò a Milito: la sera di Madrid presi la mia bandiera e andai con gli amici a festeggiare. Ogni ragazzino che ama il calcio ha una squadra del cuore, no? Il mio tifo l’ho dichiarato in tempi non sospetti, ben prima che si iniziasse a ipotizzare l’Inter nel mio futuro. Normale: leggo che mi seguono, nel loro progetto ci sono nuovi acquisti e possibilmente italiani, per forza se ne parla. Ma io non ne parlo, a fine stagione si vedrà. Allegri? Mi deve solo dire grazie. Dai, è una battuta... Però, a pensarci bene: il Milan lo ha esonerato, lo ha preso la Juve e oggi è lì che ha vinto tutto e può vincere anche la Champions. Non ci ho mai parlato, dopo quel giorno. Non è capitato di incrociarci se non in campo, dunque non mi ha mai detto “Mannaggia a te” e io quella sera, saputo dell’esonero, non pensai “Mimmo, visto che hai combinato?”. Allegri era il primo a sapere come vanno certe cose nel calcio, soprattutto se fai l’allenatore: sbagli 3-4 partite e ti ritrovi fuori. E poi, mi scusi, avevo appena fatto quattro gol al Milan: pensavo solo a godermela, no? Il mio no alla Juventus? In realtà, per come lo dissi io, non fu un no: era un sì al Sassuolo, il sì che a loro fra l’altro non avevo mai detto. Eravamo appena andati in Europa League: volevo giocarla con i compagni con cui me l’ero presa, volevo crescere un altro anno. E poi sì, è vero: a me piace tanto giocare e poco fare quello che mi dicono di fare. La Juve non mi ha costretto a far nulla, ma spingeva molto perché andassi: per me era una specie di imposizione. E quanto avrei giocato? Mi avrebbe fatto bene tanta panchina, così giovane? Confesso, aver visto l’esempio di Zaza un po’ ha pesato: ho contato i minuti che Simone aveva giocato lì, e ho tirato il freno".
Fonte: GdS (Andrea Elefante)"
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