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Giovinco: "Io e Del Piero potremmo giocare tranquillamente insieme"
Sebastian Giovinco a 14 anni è entrato nelle giovanili della Juve
«Al Palermo dico grazie, ma mi vedo alla Juve»
ROBERTO BECCANTINI
Giovinco, nato a Torino da madre di Catanzaro e padre di Palermo: perché Sebastian e non Sebastiano?
«Perché Sebastiano si chiamava mio nonno e alla mamma non piaceva».
Ha compiuto 21 anni il 26 gennaio scorso: lo sa che Fabregas è diventato titolare dell’Arsenal quando ne aveva sì e no diciotto?
«Beato lui».
Altra cultura?
«All’estero hanno più coraggio. Se uno è bravo, è bravo. Punto e basta. Noi siamo più conservatori. Fabregas sostituì Patrick Vieira in persona, mica uno qualunque».
Anche in Italia, però, qualcosa si muove. Acquafresca, Balotelli, Giovinco. O no?
«Sì. La carta d’identità conta sempre più che altrove, ma meno di una volta. Era l’ora».
Balotelli?
«Ci ho giocato contro nella Primavera. Una forza della natura. E un progetto di campione. Come Acquafresca. Come, mi auguro, il sottoscritto. Saranno però i successi, i trofei conquistati, a segnare il livello delle nostre carriere».
Juventino subito?
«No. Milanista: in casa lo erano tutti. Poi juventino: per scelta e di scuola».
Gli allenatori con i quali si sente in debito?
«Maggiora, Schincaglia, Storgato, Chiarenza».
Uno e sessantaquattro, recita l’almanacco Panini. Conferma?
«Confermo».
L’altezza, appunto. Un problema?
«Sì. Per voi. Giuro: non ci ho mai fatto caso. Né mi condiziona. Penso a Lionel Messi, che è poco più alto di me. Penso a Giuseppe Rossi, a Rosina, a Giuly. Nel calcio, grazie a Dio, la differenza non la fa il fisico».
A ogni gol, e sono già sei, fa sempre quel gesto con le mani, sopra la testa.
«Il gesto della spanna. Una forma originale e divertente, almeno spero, per contestare chi ha fatto della mia “piccolezza†un limite, un bersaglio. “Dite sempre che mi manca una spanna, eccovi servitiâ€Â».
Il suo ruolo?
«Più centrocampista che attaccante».
Trequartista?
«Perché no».
Ci fossero ancora i numeri fissi, quale vorrebbe?
«Il dieci».
I suoi modelli?
«I grandi dieci del passato. Roberto Baggio, Diego Maradona, Michel Platini, Alessandro Del Piero. Fantasia e giocate straordinarie. Ho una pila di cassette, mi aiutano a sognare».
A proposito: il suo sogno?
«Sono tre, per la verità . Salvare l’Empoli, tornare alla Juventus, andare alle Olimpiadi».
E se finisse mai nel pacchetto Amauri?
«L’interesse di una società come il Palermo non può che inorgoglirmi, ma nella Juve sono nato e alla Juve vorrei, se possibile, dedicare i migliori anni della mia vita».
Con Del Piero o al posto di Del Piero?
«Detto con profonda umiltà , credo che potremmo giocare tranquillamente assieme».
A Empoli come si trova?
«Alla grande. Per un giovane, è il trampolino di lancio ideale. Se non sbaglio, fu la palestra dei Di Natale e dei Montella».
Da Cagni a Malesani ancora a Cagni.
«Se le dico che sono stato bene con tutti, non deve darmi del diplomatico o, peggio, del ruffiano. È la verità ».
Che partita, all’Olimpico contro la Roma. Gol, traversa, miracolo di Doni, tiro a fil di palo. Ricorda?
«Malesani mi fece fare il Totti. Punta centrale. Una parte che non avevo mai recitato. Come vede, mi so adeguare».
E con il Parma, domenica scorsa?
«Esterno sinistro di centrocampo in un 4-4-2 abbastanza classico. Più o meno, la posizione di Nedved. Caratteristiche a parte, naturalmente».
Mai segnato di testa?
«Fra i giovanissimi. Una volta o due. Dalla Primavera in su, mai. Di notte, però, dormo lo stesso».
I tifosi stravedono per lei.
«Li ringrazio, di cuore. La Juve titolare l’ho assaggiata in B, con Deschamps. Tre presenze. Contro il Bologna, assist a Trezeguet. Un abbraccio e via. Spero di tornare a casa. Tutto qui».