L'accento piemunteis lo riconobbi sin dalla terza parola, anzi sin dalla prima sillaba, da quel modo unico di accentuare la "o" e la "e". Mentre parlava, l'uomo nascondeva la bocca con l'altra mano come i gangsters americani che sanno di essere spiati dal FBI.
"Pronto….sì sì siamo stati a Roma, stiamo tornando. Viste un po' di mostre, alcune belle altre meno…..Molti turisti, sì, per fortuna pochi romani."
Il tono era anch'esso piemontesemente pacato, ma sufficientemente elevato per poter essere udito dagli astanti.
Alla fermata romana della metrò d'Italia, il vagone si era riempito del tutto. Avendo come sempre comprato il biglietto all'ultimo, non ero riuscito a trovare tre poltrone vicine, e dovetti mandare la bimba grande al posto che le spettava due file più in là. Io e la gessina rimanemmo nel modulo a quattro posti, affacciati quindi sul piemontone romanofobo, sorta di Noël Mamert incupito, e la sua compagna, una Paolo Frajese au féminin.
Nel modulo accanto, sul lato corridoio, uno sgamatissimo mila2ese che ci trascinavamo da Napoli si fingeva immerso, tra due tics facciali, in un articolo di Libero su quella mangiapreti della Bonino.
"Shasha fang pi le?" chiesi alla gessina.
"No!"
Nell'aria galleggiava un distinto odorino di peto, e i miei sospetti ricaddero naturalmente su di lei.
Da alcuni giorni, ad intervalli regolari - forse per via dei friarelli, o dei crocché della Pignasecca, o della pasta e fagioli, o della zuppa di polipo sichuanamente piccante daa' figlia do' Luciano – da alcuni giorni dunque, il corpicino della gessina emetteva fragranze particolarmente intense.
Insistetti, sempre in cinese, per non dover nascondere la bocca con la mano.
"Hao chou…Wo ren wei shasha fang pi le.."
"Noooo! Non ho petato! E non parlare in cinese!"
Breve occhiata del Milao2ese, camuffata dal tremolio di un sopracciglio per meglio rituffarsi nello studio della carta igienica.
La gessina non mi rispondeva mai in cinese. Se c'era una cosa capace di mandarla in freva era appunto il mio apostrofarla in cinese. Tutti tranne suo padre potevano parlarle in cinese, e a tutti avrebbe risposto in cinese tranne che a lui.
"Papà io non ho petato", riprese calmamente, "ma forse quei due nonni hanno petato", indicando il Mamert e la Frajesa.
Silenzio tombale, da Langa ancestrale un martedì notte di inizio febbraio. Mila2ese totalmente assorbito dall'editoriale liberiano sugli 80 anni di Celentano, chiave di lettura finale di un paese allo sfascio. I piemontesi da quando si erano seduti non avevano ancora incrociato il mio sguardo, non una volta.
Eppure quale occasione migliore di questo innocente faux pas per rompere il ghiaccio e scambiare due parole, se necessario anche sui romani cafoni e gli ottant'anni porcoddue di Celentano.
C'era un momento più propizio, agli albori dell'anno nuovo, per tentare un principio di contatto umano a bordo dell'ascettica fecciarossa?
Esisteva, nel paese dei bambini frignoni e sedentari, una person-cina più conciliante e pacificatrice? Esisteva, nelle lande dei fasci non/mal riprodotti che auguravano barconi affondati e negri impiccati, un'ambasciatrice di aria nuova (pun inteso) più adatta, una diocristo di speranza più concreta che questa piccola, ibrida, poliglotta criatur' educatamente e stoicamente seduta nella metrò d'Italia, con il braccino ingessato, a poche ore dalla corsa notturna al Santobono?
Forse la risposta era ancora una volta no, forse il ballcuppismo doveva ancora prevalere per un po', forse l'aigreur merdonis non si era ancora espressa del tutto.
Nel barrio Sanità la gessina era diventata world star in 5 minuti, con le nonnine che facevano a gara per prenderla in braccio e sbaciucchiarla. A Forcella il suo passaggio era stato accolto con una solennità degna del Saluto di Donna Erminia prima dell'arresto, e già si vociferava di un murales dedicato a Santa Gessina accanto a quello di San Gennaro.
Ma forse, semplicemente, questo non era il momento né il luogo per tutto ciò. Soprattutto il luogo, anzi il non luogo nel quale eravamo ora immersi : un anonimo, sconosciuto paesone nel quale per una ragione oscura la metrò d'Italia era costretta a fare tappa sulla via della 1st...