Ifotogrammi di una stagione scivolano sul
mare piatto, però Massimiliano Allegri più
che a ricordare pensa a ripartire. Ritirarsi
sul famoso gommone, anche solo per poche
settimane, non è un’opzione contemplata.
«Ora va di moda l’anno sabbatico, ma io l’ho
già fatto l’anno scorso. Ho passato sei mesi senza
lavorare e mi sono bastati. Adesso sono in vacanza
con la voglia di partire subito forte a luglio, lavorando
con gente motivatissima. Voglio evitare il
rischio del periodo di down che tante squadre hanno
dovuto attraversare dopo una stagione eccezionale
».
Non ha paura di poter fare soltanto peggio?
«No, perché la Juve può crescere molto e non mi
riferisco ai risultati. La ricerca del successo è implicita
se lavori alla Juve, ma c’è tanto da fare e
questa sarà un’estate cruciale. Non dobbiamo pensare
ai risultati, ma a migliorare noi stessi. Gli
obiettivi poi sono i soliti: scudetto, coppa Italia e
sogno Champions che va avanti. Il primo obiettivo
è fare la storia conquistando il quinto scudetto
consecutivo: la Juve ci è riuscita soltanto negli anni
Trenta ed era un altro mondo. Però il club vuole
consolidarsi in Europa, nell’élite dove siamo entrati
prepotentemente».
Se diciamo Berlino che cosa le viene in mente?
Un’occasione persa? Gli anni che ci vorranno per
tornare in finale?
«Mi viene in mente prima di tutto una bella partita,
una delle più belle finali europee degli ultimi
anni: ricordiamoci che il grande Manchester United
con il Barça non passava la metà campo. Noi
invece ce le siamo date, sull’1-1 ho pensato che
avremmo vinto, poi è andata come andata, ma
senza rimpianti, anche se avremmo potuto fare di
più. Ci è mancata un po’ di convinzione».
Lei avrebbe potuto fare di più?
«Certamente, ma devo anche dire che ce l’abbiamo
messa tutta, e non è in contraddizione con
quello che dicevo prima. Le lacrime dei miei giocatori
non volevano dire “chissà quanto tempo ci
metteremo ad arrivare di nuovo fin qui”, ma piuttosto
“potevamo davvero battere il Barcellona e
non ci siamo riusciti”. La squadra ha una consapevolezza
nuova, ha più autostima, anche in campo
internazionale. Sono molto orgoglioso di questa
crescita».
È la caratteristica che sente più sua in questa Juve?
«Non so se sia merito mio, ma è un progresso indiscutibile.
Come la crescita di tanti giocatori».
Ad esempio Morata.
«Un ragazzo stupendo e un giocatore che può soltanto
migliorare».
Se le vendono Morata che dice?
«Se proprio devono spero almeno che il club incassi
70-80 milioni. Questo è il valore attuale di Morata.
Credo che si debba puntare su di lui e anche
su Coman, un altro giovane di eccezionale livello,
che ha bisogno di un po’ di tempo per esplodere».
Se le vendono Pogba invece che dice?
«Evidentemente si tratterebbe di una
scelta societaria e non tecnica: a certe
cifre è difficile dire no. Ma se Paul resta
a Torino deve farlo con la testa giusta,
senza rimpianti. Perché quello che abbiamo
raggiunto in questa stagione è
solo un punto di partenza e per costruire
il futuro della Juve servono giocatori
giovani e motivati oltre ai senatori che
possono trasmettere lo spirito giusto».
Tevez resterà?
«Dipende da lui. È una sua scelta. Ma ripeto,
chi resta deve sapere che il lavoro per la
prossima stagione sarà ancora più intenso.
Non voglio gente che si ferma a contemplare
i successi. Veniamo da quattro anni eccezionali,
costruiti con bravura dalla società, però
non è detto che non ci si possa ripetere e superare,
anche se è complicato. Dopo questi trionfi
c’è bisogno di ripartire con idee forti. Sarà una
stagione delicata, con scelte importanti per il
futuro».
Crede che i suoi senatori siano in grado di mantenere
la voracità che chiede?
«Lo zoccolo duro è importante quanto gli innesti di
giovani come Berardi, Rugani, Zaza, che vanno ad
aggiungersi ai giocatori che già abbiamo, nati negli
anni Novanta. E poi mi dica quanti difensori ci
sono in Europa più forti di Bonucci, Chiellini, Barzagli,
e ci metto anche Ogbonna».
Buffon è il suo leader indiscusso?
«Io quando scrivo la formazione sulla lavagna
il portiere non lo metto mai. Buffon però
è un fuoriclasse vero, non so se e quando
rinascerà un portiere come lui. Ho avuto la
fortuna di allenare tanti campioni, gente con
enorme personalità, ma ne dico due su tutti:
Buffon e Nesta».
Lei parla di importanza dei giovani: crede
che ingaggiandoli la Juve possa restare
fra le prime d’Europa?
«Se sono i giovani giusti, perché no?
Magari non faranno vincere subito la
Champions, ma gente come Dybala
serve per costruire un ciclo. La finale è
anche il frutto di un lavoro di anni che
va consolidato. E una delle cose più
belle di Berlino è stata la felicità dei
tifosi, l’entusiasmo nonostante la
sconfitta. La mentalità sta cambiando.
Per stare sempre ai primi posti in
Europa ci vuole la mentalità giusta di
tutto l’ambiente e servono i protagonisti
giusti. Con il club siamo d’accordo:
servono giocatori di esperienza
che possano far crescere i giovani sui
quali puntiamo».
È vero che ha chiesto un dieci?
«Sì, perché a differenza di quello che
dice qualcuno a me piacciono i giocatori
di qualità».
Oscar le piace?
«Moltissimo: è uno di quelli che può
fare la differenza anche a livello europeo.
Perché non è detto che un
grande giocatore per il campionato
sia altrettanto grande in Europa.
Mi piace Oscar, ma mi piacciono
anche Isco, Pastore, Di Maria, Kroos.
Tutti giocatori da Champions».
Mandzukic le piace?
«Non ci sono tante prime punte in circolazione.
Mandzukic, Higuain... pochi altri. Mandzukic è un
buon elemento per ripartire all’assalto».
Per firmare il contratto con la Juve ha bisogno di
assicurazioni sulla rosa?
«Non c’è bisogno di parlarne, la società ha tutta la
voglia che serve per costruire una squadra europea.
Il mio punto di vista coincide con quello dei
dirigenti».
Quindi il contratto è una formalità?
«Non è una formalità, però c’è la volontà di andare
avanti insieme».
Ha già un’idea delle rivali per il prossimo anno?
«Dipenderà molto dal mercato. La Juve intanto lavora
per consolidarsi».
È difficile essere il tecnico del club più antipatico
d’Italia?
«No, perché io sono simpatico. Scherzi a parte, la
Juve non è antipatica, è che ha vinto molto e si è
creata una rivalità con il resto d’Italia per questo
motivo. Ma ha milioni di tifosi nel mondo, quindi
può stare tranquilla».
Lei a volte viene criticato perché è un tecnico un po’
freddo, non concede molto allo spettacolo.
«Lo spettacolo lo fanno quelli che giocano. Io mi
accontento di constatare quello che va bene e cercare
di correggere quello che non va».
Dove si vede fra pochi anni?
«Non lo so, se dico ancora che mi vedo su un gommone
in mezzo al mare divento noioso».
Il Milan vuole riprendere Ibrahimovic. Lei che cosa
pensa dei ritorni?
«Che sono pericolosi, perché la gente si ricorda
sempre com’eri, le aspettative sono alte e se il tuo