Calciopoli or Morattopoli.. inter fake orgasm (57 Viewers)

Lo-Pan

Disciple of Gonzo
Feb 11, 2009
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Yes, it's ok for members to post that, especially if it annoys you.
thanks, for a change, for the support...Jock...for I assume, that you are referring to a comparison between me suggesting kyle ends his existence and you suggesting the same, on here, for Cronius. so...yes...cheers, in a left handed, kinda manner, for the solidarity.
 

JCK

Biased
JCK
May 11, 2004
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Come again?
 

am0110

Senior Member
Jun 5, 2005
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Calciopoli, così Galliani ha distrutto Moggi

“Maledetto il giorno in cui ho incontrato Berlusconi a Palazzo Grazioli. Quella è stata la mia fine”.

Dichiarazioni di Luciano Moggi, l’ex plenipotenziario direttore generale della Juve che racconta i retroscena del suo incontro, avvenuto l’8 settembre 2005, con Silvio Berlusconi.

Quel summit sembra il vero spartiacque, la cartina di tornasole dello scandalo che ha cambiato la storia recente del calcio italiano.

Nel 2005 il presidente del Milan e capo del governo, voleva portare Moggi in rossonero al posto di Adriano Galliani. Poi il terremoto.

“Per quel che mi riguarda - spiega l’ex dg della Juve – è stata un’ imboscata, un colpo alle spalle terribile che mai mi sarei immaginato. Ho una mia idea. Quando andai a Palazzo Grazioli, Berlusconi mi propose di andare al Milan. Sappiamo come è fatto il proprietario del Milan, basta poco per entusiasmarlo. E così raccontò tutto a Galliani, con grande enfasi …”.

Galliani, dal 2002 al 2006 dirigente del Milan ma anche presidente della Lega Calcio, evidentemente non l’ha presa bene: “Esatto“, spiega Moggi. “Neppure a farlo apposta, due settimane dopo il mio incontro con Berlusconi, alla Figc arrivarono i fascicoli della Procura di Torino con intercettazioni che riguardavano me ed altri personaggi del mondo del calcio”.

Berlusconi voleva licenziare Galliani, “reo” di fargli spendere troppi soldi nelle campagne acquisti del Milan. E l’amministratore delegato si è attivato, a suo modo, per salvare la poltrona.

Due le mosse che hanno dato scacco matto a Moggi: la prima è stata quella di informare e depistare abilmente Luca Cordero di Montezemolo e la famiglia Elkann, facendogli credere che Moggi e Giraudo fossero in procinto di compare la Juventus. Poi l’affondo finale, col via libera a Carraro per tirare fuori alcuni atti con le intercettazioni che da mesi giacevano, a quanto pare, nei cassetti della Federcalcio.

E’ davvero Adriano Galliani il “mandante”, il detonatore di Calciopoli, l’uomo che per restare in sella ha deciso di distruggere Moggi?

Di certo sono molte le intercettazioni nelle quali Galliani era sempre al centro delle logiche calcistiche e interloquiva con arbitri e disegnatori e con l’allora presidente della Federcalcio, Carraro.

Nonostante ciò, come tutti sappiamo, la Juventus è finita in Serie B e ha subito un danno economico e d’immagine stimabile in oltre 130 milioni di euro, al Milan invece sono stati inflitti solo 8 punti di penalizzazione e Galliani è rimasto al suo posto, al vertice del Milan e del calcio italiano.

Di questa vicenda, almeno in parte, Moggi ha scritto anche nel suo libro “Un calcio nel cuore”. Il capitolo è il dodicesimo. S’intitola “Un giorno dal presidente”. Il giorno risale al settembre 2005, il presidente è Berlusconi, al vertice del Milan dal 21 febbraio 1986 e, all’epoca dell’incontro con Moggi a Palazzo Grazioli, anche primo ministro della Repubblica. Berlusconi ha sempre dichiarato che, quando ricevette Moggi, con lui parlò di Real Madrid. La versione dell’ex direttore generale della Juve è diametralmente opposta.

“Ero soddisfatto quel giorno di settembre del 2005 quando Silvio Berlusconi mi ha ricevuto con tutti gli onori. Berlusconi, non uno qualsiasi. Il presidente del Consiglio in carica, uno degli uomini più ricchi e più potenti del mondo. L’ultima volta ci eravamo incontrati ad agosto, nel ventre dello stadio San Siro, dopo l’ennesima sfida tra Milan e Juventus per il torneo dedicato a suo padre. Sorrisi, battute, strette di mano, poi mi ha preso sottobraccio, mi ha portato in un angolo per sussurrarmi due parole lontane da orecchie indiscrete: “Io e lei dobbiamo vederci. Appena può venga a trovarmi a Roma a Palazzo Grazioli”"…

“Pensavo che Palazzo Grazioli fosse casa sua, l’abitazione privata. In altre occasioni ero stato a trovare Berlusconi, ma anche Gianni Letta, a Palazzo Chigi. Non avrei mai creduto che quella fosse la sede di Forza Italia: confesso l’ignoranza, non lo sapevo. Entrando direttamente in macchina nel cortile interno, siamo passati davanti a un gruppetto di persone. Non ci vuole un genio per capire che quelli erano giornalisti a caccia di notizie: certe situazioni e certi atteggiamenti li conosco bene. Ho cercato di non farmi vedere, ma quando sono uscito ho capito di avere clamorosamente fallito: ero stato ampiamente riconosciuto”.

L’attesa nello studio di Berlusconi è durata poco. Il presidente del Consiglio era in riunione, non sono solito frequentare i palazzi della politica, ma dalle stanze vicine veniva fuori un bel canaio. L’incontro era molto animato e le voci piuttosto alterate. Più o meno quello che succede nel calcio. Berlusconi si è presentato con il solito sorriso, la cordialità impagabile. Caro Moggi di qua, caro Moggi di là. Mi ha riempito di elogi per quello che stavo facendo alla Juventus, per i successi che ero riuscito a ottenere, ma soprattutto gli piaceva il mio modo di fare mercato. Comprare a poco, vendere a tanto era il suo sogno. E forse non soltanto il suo”.

“Abbiamo parlato di calcio in generale, di moduli tattici, ma anche di giocatori che a lui piacciono e piacevano… Mi ha chiesto come ho fatto a prendere Ibrahimovic a quel prezzo e con lui non ho fatto misteri. Ha parlato dei suoi Milan del passato, ma anche di quello di quel periodo con pregi e difetti. Ho avuto l’ennesima prova che Berlusconi è un grande intenditore di calcio e quando un manager ha alle spalle una persona così può lavorare al massimo delle sue capacità e potenzialità”.

“Abbiamo parlato per una mezz’oretta, forse quaranta minuti. Non di più. Alla fine è arrivata la sua proposta di lavoro. Parola più parola meno, mi disse: Senta, io vorrei portarla al Milan. Sono sicuro che assieme faremo una squadra ancora più grande. Poi aggiunse le motivazioni vere della sua idea: con me era sicuro di risparmiare. Mi spiegò che non ne poteva più di tirare fuori centinaia di milioni di euro per ripianare i bilanci”.

“Secondo lui, ma anche secondo me, il Milan poteva continuare a vincere senza fare spese folli. Era il mio mestiere. In tutte le squadre dove sono stato, dal Torino alla Roma, dal Napoli alla Juve, ho sempre lavorato con poco e vinto molto. A Berlusconi questo particolare non era sfuggito. Con la sua simpatia, la classe e il savoir faire non ha aspettato nemmeno la mia risposta. Sui ringraziamenti ha fermato il mio sorriso con il suo sorriso: «Bene, le faccio sapere. Ora ne parlo con Galliani e mandiamo in porto l’operazione in tempi rapidi».

“Prima di uscire mi ha regalato un libro. Mi hanno detto che lo fa con tutti, una simpatica abitudine. Ha aggiunto: «Lo legga, mi raccomando». Il libro si intitola “Ti odio, Berlusconi”, inutile spiegare di cosa parli. L’idea è ottima per chi non ha niente da nascondere e mostra il petto alle critiche e alle calunnie. Se l’avessi saputo prima l’avrei potuto fare anch’io… Con quel libro in mano e centomila pensieri in testa, mi sono avviato alla macchina senza accorgermi che nel frattempo i quindici giornalisti erano diventati almeno cento. Con tutto il corredo di telecamere e fotografi al seguito. Abbiamo fatto appena in tempo a uscire dalla parte opposta del cortile, da un portone di servizio, ma non abbiamo evitato le ricostruzioni più fantasiose di questo colloquio… Ne sono state dette e scritte di tutti i colori per settimane. Volutamente nè io nè tanto meno Berlusconi abbiamo mai fatto commenti o dato versioni della vicenda”.

“La prima bugia plausibile che mi è venuta in mente per evitare il troppo clamore attorno a questo incontro l’ho fatta dettare alle agenzie di stampa dall’ufficio comunicazioni della Juventus. Ricordo l’imbarazzo, poi mi si è accesa la luce. «Luciano Moggi, di passaggio a Roma, ha incontrato il presidente Berlusconi per ringraziarlo del prestito gratuito del portiere Abbiati. Un gesto di grande sportività e signorilità che ha molto colpito la Juventus e Moggi in particolare», parola più, parola meno, ho fatto scrivere così. La versione stava abbondantemente in piedi. Durante il trofeo Berlusconi, infatti, un brutto scontro tra il milanista Kakà e il nostro Buffon in uscita aveva messo fuori uso il portiere. Una brutta lussazione alla spalla sinistra con una prognosi di molti mesi. Il mercato era già chiuso, noi eravamo in gravi difficoltà. Berlusconi si è reso conto che Kakà poteva anche rallentare la corsa in una partita tra società amiche come quella, e ha voluto mettere a posto le cose prestandoci Abbiati, il loro portiere di riserva. Tra l’altro un ottimo giocatore, ma questo è un altro discorso. So che un gesto del genere poteva farlo soltanto Berlusconi. Non per sfiducia, ma nessun altro presidente di serie A avrebbe regalato un portiere al suo principale avversario per lo scudetto. L’idea di ringraziarlo di persona poteva davvero essere un gesto compresibile e plausibile”.

“I giornalisti, naturalmente, l’hanno bevuta fino a un certo punto… Giornali e televisioni, come in un grande giallo o in un quiz a premi, hanno comunque alimentato tre ipotesi. La prima, la più cavalcata anche dai giornali, poteva essere nuova e indubbiamente più suggestiva. Diceva: Berlusconi ha offerto a Moggi la candidatura in Forza Italia per le elezioni politiche. Falso. In quell’occasione non si parlò affatto di politica. Non mi è stato offerto nessun seggio in Parlamento, almeno non durante quell’incontro e non da Berlusconi. Caso mai a propormi la candidatura sono stati altri…”

“La seconda ipotesi, molto azzeccata dai giornali sportivi, di un’opera di convincimento del Cavaliere per farmi accettare la guida del Club Italia in vista dei mondiali di Germania dell’estate successiva. Con Lippi ct, si scriveva allora, Moggi sarebbe stato il direttore generale ideale per la nostra Nazionale. Io avevo già risposto «no grazie!» a Carraro e alla Federazione, per qualcuno Berlusconi aveva deciso di mettere in campo il suo carisma per farmi cedere. Falso anche questo. Di Nazionale non abbiamo parlato. E caso mai sarei stato disposto a prendere in considerazione la proposta a campionato finito. Comunque i miei consigli a Lippi non li ho fatti mancare neppure se in quel momento ero già un Mostro per tutta (o quasi) l’Italia del pallone. Mi auguro che almeno qualcuno gli possa essere servito a vincere quel mondiale straordinario nonostante gli omuncoli di questa Italietta lo volessero tenere a casa”.

“Terza ipotesi, buttata là, tra le righe, senza convinzione: Berlusconi vuole portare Moggi al Milan. Questa era la verità, ma forse sembrava la strada più difficile. L’ipotesi più fantasiosa vista l’amicizia trentennale fra Galliani e il Cavaliere, il legame storico fra tutti i dirigenti che guidano il Milan dall’inizio dell’era Berlusconi. Il «giochino» è andato avanti fino al 10 ottobre 2005. Dopo il famoso Milan-Juventus 3-1, frutto di uno scandaloso arbitraggio del nostro presunto amico Bertini di Arezzo, Berlusconi ha portato a cena tutti i dirigenti dei due club. Poi ha confessato ai giornalisti: dirigenti come Moggi e Giraudo li vorrei al Milan. Ha spiegato: «Con loro si vince senza buttare al vento centinaia di milioni di euro”.

“Questa è la storia. Guarda caso pochi giorni dopo l’inchiesta su di me ha preso una piega diversa. I fascicoli con le intercettazioni, «non punibili» per i giudici di Torino, sono stati trasmessi alla Federcalcio. Guarda caso.
Mi angoscia un dubbio: se non fossi mai andato da Berlusconi le cose sarebbero andate in modo diverso? Non per cercare complotti a tutti i costi, ma questo è un altro dei tanti aspetti strani di questa vicenda. Mi chiedo: ma il presidente del Consiglio che ripone in me così tanta fiducia, non sapeva niente delle inchieste in atto? I servizi segreti non lo avevano informato? Forse non c’era niente di serio in quelle indagini. Infatti soltanto quando le intercettazioni Telecom sono state date in pasto ai giornali sono diventate esplosive. Esplosioni a catena, quasi tutte a salve, ma devastanti”.

Attenzione: avete visto Roma-Milan, gara che il 7 maggio 2011 ha assegnato lo scudetto al Milan? Sulle pagine di tutti i giornali c’erano delle foto e le stesse immagini sono state mostrate dalle tv. In tribuna Adriano Galliani: accanto a lui il figlio ma soprattutto Stefano Palazzi, il procuratore federale.

Palazzi, l’uomo che ha indagato e continua ad indagare sullo scandalo Calciopoli.
 
Sep 1, 2002
12,745
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Calciopoli, così Galliani ha distrutto Moggi

“Maledetto il giorno in cui ho incontrato Berlusconi a Palazzo Grazioli. Quella è stata la mia fine”.

Dichiarazioni di Luciano Moggi, l’ex plenipotenziario direttore generale della Juve che racconta i retroscena del suo incontro, avvenuto l’8 settembre 2005, con Silvio Berlusconi.

Quel summit sembra il vero spartiacque, la cartina di tornasole dello scandalo che ha cambiato la storia recente del calcio italiano.

Nel 2005 il presidente del Milan e capo del governo, voleva portare Moggi in rossonero al posto di Adriano Galliani. Poi il terremoto.

“Per quel che mi riguarda - spiega l’ex dg della Juve – è stata un’ imboscata, un colpo alle spalle terribile che mai mi sarei immaginato. Ho una mia idea. Quando andai a Palazzo Grazioli, Berlusconi mi propose di andare al Milan. Sappiamo come è fatto il proprietario del Milan, basta poco per entusiasmarlo. E così raccontò tutto a Galliani, con grande enfasi …”.

Galliani, dal 2002 al 2006 dirigente del Milan ma anche presidente della Lega Calcio, evidentemente non l’ha presa bene: “Esatto“, spiega Moggi. “Neppure a farlo apposta, due settimane dopo il mio incontro con Berlusconi, alla Figc arrivarono i fascicoli della Procura di Torino con intercettazioni che riguardavano me ed altri personaggi del mondo del calcio”.

Berlusconi voleva licenziare Galliani, “reo” di fargli spendere troppi soldi nelle campagne acquisti del Milan. E l’amministratore delegato si è attivato, a suo modo, per salvare la poltrona.

Due le mosse che hanno dato scacco matto a Moggi: la prima è stata quella di informare e depistare abilmente Luca Cordero di Montezemolo e la famiglia Elkann, facendogli credere che Moggi e Giraudo fossero in procinto di compare la Juventus. Poi l’affondo finale, col via libera a Carraro per tirare fuori alcuni atti con le intercettazioni che da mesi giacevano, a quanto pare, nei cassetti della Federcalcio.

E’ davvero Adriano Galliani il “mandante”, il detonatore di Calciopoli, l’uomo che per restare in sella ha deciso di distruggere Moggi?

Di certo sono molte le intercettazioni nelle quali Galliani era sempre al centro delle logiche calcistiche e interloquiva con arbitri e disegnatori e con l’allora presidente della Federcalcio, Carraro.

Nonostante ciò, come tutti sappiamo, la Juventus è finita in Serie B e ha subito un danno economico e d’immagine stimabile in oltre 130 milioni di euro, al Milan invece sono stati inflitti solo 8 punti di penalizzazione e Galliani è rimasto al suo posto, al vertice del Milan e del calcio italiano.

Di questa vicenda, almeno in parte, Moggi ha scritto anche nel suo libro “Un calcio nel cuore”. Il capitolo è il dodicesimo. S’intitola “Un giorno dal presidente”. Il giorno risale al settembre 2005, il presidente è Berlusconi, al vertice del Milan dal 21 febbraio 1986 e, all’epoca dell’incontro con Moggi a Palazzo Grazioli, anche primo ministro della Repubblica. Berlusconi ha sempre dichiarato che, quando ricevette Moggi, con lui parlò di Real Madrid. La versione dell’ex direttore generale della Juve è diametralmente opposta.

“Ero soddisfatto quel giorno di settembre del 2005 quando Silvio Berlusconi mi ha ricevuto con tutti gli onori. Berlusconi, non uno qualsiasi. Il presidente del Consiglio in carica, uno degli uomini più ricchi e più potenti del mondo. L’ultima volta ci eravamo incontrati ad agosto, nel ventre dello stadio San Siro, dopo l’ennesima sfida tra Milan e Juventus per il torneo dedicato a suo padre. Sorrisi, battute, strette di mano, poi mi ha preso sottobraccio, mi ha portato in un angolo per sussurrarmi due parole lontane da orecchie indiscrete: “Io e lei dobbiamo vederci. Appena può venga a trovarmi a Roma a Palazzo Grazioli”"…

“Pensavo che Palazzo Grazioli fosse casa sua, l’abitazione privata. In altre occasioni ero stato a trovare Berlusconi, ma anche Gianni Letta, a Palazzo Chigi. Non avrei mai creduto che quella fosse la sede di Forza Italia: confesso l’ignoranza, non lo sapevo. Entrando direttamente in macchina nel cortile interno, siamo passati davanti a un gruppetto di persone. Non ci vuole un genio per capire che quelli erano giornalisti a caccia di notizie: certe situazioni e certi atteggiamenti li conosco bene. Ho cercato di non farmi vedere, ma quando sono uscito ho capito di avere clamorosamente fallito: ero stato ampiamente riconosciuto”.

L’attesa nello studio di Berlusconi è durata poco. Il presidente del Consiglio era in riunione, non sono solito frequentare i palazzi della politica, ma dalle stanze vicine veniva fuori un bel canaio. L’incontro era molto animato e le voci piuttosto alterate. Più o meno quello che succede nel calcio. Berlusconi si è presentato con il solito sorriso, la cordialità impagabile. Caro Moggi di qua, caro Moggi di là. Mi ha riempito di elogi per quello che stavo facendo alla Juventus, per i successi che ero riuscito a ottenere, ma soprattutto gli piaceva il mio modo di fare mercato. Comprare a poco, vendere a tanto era il suo sogno. E forse non soltanto il suo”.

“Abbiamo parlato di calcio in generale, di moduli tattici, ma anche di giocatori che a lui piacciono e piacevano… Mi ha chiesto come ho fatto a prendere Ibrahimovic a quel prezzo e con lui non ho fatto misteri. Ha parlato dei suoi Milan del passato, ma anche di quello di quel periodo con pregi e difetti. Ho avuto l’ennesima prova che Berlusconi è un grande intenditore di calcio e quando un manager ha alle spalle una persona così può lavorare al massimo delle sue capacità e potenzialità”.

“Abbiamo parlato per una mezz’oretta, forse quaranta minuti. Non di più. Alla fine è arrivata la sua proposta di lavoro. Parola più parola meno, mi disse: Senta, io vorrei portarla al Milan. Sono sicuro che assieme faremo una squadra ancora più grande. Poi aggiunse le motivazioni vere della sua idea: con me era sicuro di risparmiare. Mi spiegò che non ne poteva più di tirare fuori centinaia di milioni di euro per ripianare i bilanci”.

“Secondo lui, ma anche secondo me, il Milan poteva continuare a vincere senza fare spese folli. Era il mio mestiere. In tutte le squadre dove sono stato, dal Torino alla Roma, dal Napoli alla Juve, ho sempre lavorato con poco e vinto molto. A Berlusconi questo particolare non era sfuggito. Con la sua simpatia, la classe e il savoir faire non ha aspettato nemmeno la mia risposta. Sui ringraziamenti ha fermato il mio sorriso con il suo sorriso: «Bene, le faccio sapere. Ora ne parlo con Galliani e mandiamo in porto l’operazione in tempi rapidi».

“Prima di uscire mi ha regalato un libro. Mi hanno detto che lo fa con tutti, una simpatica abitudine. Ha aggiunto: «Lo legga, mi raccomando». Il libro si intitola “Ti odio, Berlusconi”, inutile spiegare di cosa parli. L’idea è ottima per chi non ha niente da nascondere e mostra il petto alle critiche e alle calunnie. Se l’avessi saputo prima l’avrei potuto fare anch’io… Con quel libro in mano e centomila pensieri in testa, mi sono avviato alla macchina senza accorgermi che nel frattempo i quindici giornalisti erano diventati almeno cento. Con tutto il corredo di telecamere e fotografi al seguito. Abbiamo fatto appena in tempo a uscire dalla parte opposta del cortile, da un portone di servizio, ma non abbiamo evitato le ricostruzioni più fantasiose di questo colloquio… Ne sono state dette e scritte di tutti i colori per settimane. Volutamente nè io nè tanto meno Berlusconi abbiamo mai fatto commenti o dato versioni della vicenda”.

“La prima bugia plausibile che mi è venuta in mente per evitare il troppo clamore attorno a questo incontro l’ho fatta dettare alle agenzie di stampa dall’ufficio comunicazioni della Juventus. Ricordo l’imbarazzo, poi mi si è accesa la luce. «Luciano Moggi, di passaggio a Roma, ha incontrato il presidente Berlusconi per ringraziarlo del prestito gratuito del portiere Abbiati. Un gesto di grande sportività e signorilità che ha molto colpito la Juventus e Moggi in particolare», parola più, parola meno, ho fatto scrivere così. La versione stava abbondantemente in piedi. Durante il trofeo Berlusconi, infatti, un brutto scontro tra il milanista Kakà e il nostro Buffon in uscita aveva messo fuori uso il portiere. Una brutta lussazione alla spalla sinistra con una prognosi di molti mesi. Il mercato era già chiuso, noi eravamo in gravi difficoltà. Berlusconi si è reso conto che Kakà poteva anche rallentare la corsa in una partita tra società amiche come quella, e ha voluto mettere a posto le cose prestandoci Abbiati, il loro portiere di riserva. Tra l’altro un ottimo giocatore, ma questo è un altro discorso. So che un gesto del genere poteva farlo soltanto Berlusconi. Non per sfiducia, ma nessun altro presidente di serie A avrebbe regalato un portiere al suo principale avversario per lo scudetto. L’idea di ringraziarlo di persona poteva davvero essere un gesto compresibile e plausibile”.

“I giornalisti, naturalmente, l’hanno bevuta fino a un certo punto… Giornali e televisioni, come in un grande giallo o in un quiz a premi, hanno comunque alimentato tre ipotesi. La prima, la più cavalcata anche dai giornali, poteva essere nuova e indubbiamente più suggestiva. Diceva: Berlusconi ha offerto a Moggi la candidatura in Forza Italia per le elezioni politiche. Falso. In quell’occasione non si parlò affatto di politica. Non mi è stato offerto nessun seggio in Parlamento, almeno non durante quell’incontro e non da Berlusconi. Caso mai a propormi la candidatura sono stati altri…”

“La seconda ipotesi, molto azzeccata dai giornali sportivi, di un’opera di convincimento del Cavaliere per farmi accettare la guida del Club Italia in vista dei mondiali di Germania dell’estate successiva. Con Lippi ct, si scriveva allora, Moggi sarebbe stato il direttore generale ideale per la nostra Nazionale. Io avevo già risposto «no grazie!» a Carraro e alla Federazione, per qualcuno Berlusconi aveva deciso di mettere in campo il suo carisma per farmi cedere. Falso anche questo. Di Nazionale non abbiamo parlato. E caso mai sarei stato disposto a prendere in considerazione la proposta a campionato finito. Comunque i miei consigli a Lippi non li ho fatti mancare neppure se in quel momento ero già un Mostro per tutta (o quasi) l’Italia del pallone. Mi auguro che almeno qualcuno gli possa essere servito a vincere quel mondiale straordinario nonostante gli omuncoli di questa Italietta lo volessero tenere a casa”.

“Terza ipotesi, buttata là, tra le righe, senza convinzione: Berlusconi vuole portare Moggi al Milan. Questa era la verità, ma forse sembrava la strada più difficile. L’ipotesi più fantasiosa vista l’amicizia trentennale fra Galliani e il Cavaliere, il legame storico fra tutti i dirigenti che guidano il Milan dall’inizio dell’era Berlusconi. Il «giochino» è andato avanti fino al 10 ottobre 2005. Dopo il famoso Milan-Juventus 3-1, frutto di uno scandaloso arbitraggio del nostro presunto amico Bertini di Arezzo, Berlusconi ha portato a cena tutti i dirigenti dei due club. Poi ha confessato ai giornalisti: dirigenti come Moggi e Giraudo li vorrei al Milan. Ha spiegato: «Con loro si vince senza buttare al vento centinaia di milioni di euro”.

“Questa è la storia. Guarda caso pochi giorni dopo l’inchiesta su di me ha preso una piega diversa. I fascicoli con le intercettazioni, «non punibili» per i giudici di Torino, sono stati trasmessi alla Federcalcio. Guarda caso.
Mi angoscia un dubbio: se non fossi mai andato da Berlusconi le cose sarebbero andate in modo diverso? Non per cercare complotti a tutti i costi, ma questo è un altro dei tanti aspetti strani di questa vicenda. Mi chiedo: ma il presidente del Consiglio che ripone in me così tanta fiducia, non sapeva niente delle inchieste in atto? I servizi segreti non lo avevano informato? Forse non c’era niente di serio in quelle indagini. Infatti soltanto quando le intercettazioni Telecom sono state date in pasto ai giornali sono diventate esplosive. Esplosioni a catena, quasi tutte a salve, ma devastanti”.

Attenzione: avete visto Roma-Milan, gara che il 7 maggio 2011 ha assegnato lo scudetto al Milan? Sulle pagine di tutti i giornali c’erano delle foto e le stesse immagini sono state mostrate dalle tv. In tribuna Adriano Galliani: accanto a lui il figlio ma soprattutto Stefano Palazzi, il procuratore federale.

Palazzi, l’uomo che ha indagato e continua ad indagare sullo scandalo Calciopoli.

Moggi got blamed, Juventus got shafted, nothing Is gonna change.
 

JuveJay

Senior Signor
Moderator
Mar 6, 2007
75,442
It's the story about how Galliani helped bury Moggi (and subsequently Juve) because he feared for his job as Berlusconi wanted Moggi and Giraudo at Milan, and how Juventus didn't defend themselves because they didn't want Moggi to be free to join Milan (or Inter, Moratti wanted him too).

The final point being why the Farsopoli prosecutor is here with Galliani and his son apparently very pleased as Milan are about to wrap up the scudetto.



Disgusting fucking league, everywhere you turn.
 

Bianconero_Aus

Beppe Marotta Is My God
May 26, 2009
81,688
:sergio:

Fuck this league and this corrupt shithole of a country. I just want us to punish all these cunts in the field and in the courts.

And this further vindicates what I said about Bilan, they are the second biggest thieves in Italian football after the Merdazzurri.
 

JuveJay

Senior Signor
Moderator
Mar 6, 2007
75,442
One hell of a conspiracy theory ^
It's not all theory, Berlusconi did say to the press that he wanted Moggi and Giraudo, and Moggi did go to meet him. There was already a power struggle at Juventus anyway, Moggi and Giraudo only remained because results were good and shareholders wanted them in. It seems more than coincidence Juve took it and rolled over in 2006, considering these points. Quite what Galliani did is the sticking point, but there were many people who wanted Moggi and Juventus removed. Franco Baldini was one ringleader, of course the Inter angle. The fact remains that Juventus didn't do one thing to defend themselves and that is not in any way normal for a company or sports team to react. Look at similar examples.
 

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