L´INTERVISTA
Vieira e una scelta vincente: "Ho fatto bene a venire qui. Il nostro segreto è nella testa"
"Alla Juve i veri campioni, il Real una collezione di stelle"
EMANUELE GAMBA
TORINO - Patrick Vieira, qual è il suo bilancio dei primi cinque mesi della sua seconda esperienza italiana?
«Positivo, molto positivo. Mi sono trovato bene fin dal primo giorno, e ancora meglio quando abbiamo cominciato a giocare. Mi piacciono anche la vita che sto vivendo, la città che ho scelto, le abitudini che ho preso. Non fosse per un unico, piccolo problema, potrei dire che è tutto perfetto».
Parla della pubalgia?
«Sì, la pubalgia. La mia stagione era cominciata bene, il mio rendimento era alto ma poi non sono più riuscito a giocare come avrei voluto. Spero che il riposo di questi giorni mi sia servito».
La Juve, invece, non ha proprio bisogno di riposo: non trova?
«Infatti i miei problemi passano in secondo piano quando guardo la classifica. Meravigliosa».
Anche inattesa?
«Sapevo del potenziale di questa squadra, è anche per questo che ho deciso di venire qui. Diciamo che la Juve è ancora meglio di quello che mi avevano raccontato».
Aveva degli informatori?
«Prima di scegliere, ho parlato a lungo con Thuram e Trezeguet, sono stati loro a raccontarmi della Juve, ad assicurarmi che non avrei incontrato nessun tipo di problema, a parlarmi di un ambiente dove si lavora in maniera diversa. Avevano ragione».
Diversa? Perché?
«Per l´intensità con cui ci si allena giorno dopo giorno, e soprattutto per la concentrazione con cui riusciamo ad affrontare ogni partita. Ciò che rende diversa la Juve è la mentalità, al di là della qualità dei giocatori: penso che gli otto punti sull´Inter e i nove sul Milan si spieghino in questa maniera».
La Juve è in testa per una questione di testa, allora?
«È così. Essere bravi con i piedi non basta, ci vuole altro. Qui abbiamo un allenatore che pretende il massimo e lo ottiene. E una società che continua a ripeterti che la sola cosa che conta è vincere. È dura sostenere questo stress, ma se ci riesci allora puoi fare la differenza. Un ambiente così era proprio quello che cercavo».
È per questo che preferì la Juventus al Real Madrid?
«Il Real è una collezione di stelle, mentre noi siamo una collezione di campioni. E vi ho spiegato qual è la differenza tra una stella e un campione. Non mi interessava diventare un altro galactico, avevo bisogno di vincere».
Voterebbe la Juve come migliore squadra d´Europa?
«Abbiamo le potenzialità per esserlo. Metà del lavoro l´abbiamo fatto, ma il difficile viene adesso. Però abbiamo la consapevolezza di poter essere i più forti. E sapere di essere forti è una motivazione straordinaria».
Intanto, l´Arsenal è in declino: sarà colpa di Vieira?
«Non vorrei passare per presuntuoso, ma penso che la mia assenza si senta. Hanno patito il contraccolpo psicologico della mia partenza, forse perché non hanno capito i motivi per cui me ne sono andato».
Non ancora?
«Forse, stanno cominciando adesso. Ma quello è il passato».
Nessuna nostalgia dell´Inghilterra?
«Riconosco che in Premier League le cose funzionano meglio. Allo stadio ci sono le famiglie, vanno le donne e i bambini, il clima è sereno, la passione è tanta. La gente va a vedere la partita per vivere un´ora e mezza di allegria dopo una settimana di problemi quotidiani. Qui è il contrario, dentro agli stadi c´è paura».
E perché ha lasciato Londra? Mancanza si stimoli?
«Anche. A 29 anni, sono al top della mia carriera, ho raggiunto la piena maturità fisica e soprattutto tattica, che per il ruolo in cui gioco è l´aspetto più importante. Volevo giocarmi i miei anni migliori in una squadra che mi desse la possibilità di assecondare la mia ambizione: la Juve me l´avrebbe consentito. Anche per questo sono riuscito a rinunciare all´ambiente perfetto del calcio inglese».
E questo non la intristisce?
«In Italia c´è la passione, anche se spesso gli stadi sono vuoti. Noi della Juve ci consoliamo quando andiamo in trasferta».
Cosa resta di buono, al nostro calcio?
«Lo charme italiano: quello è intatto e rimane un richiamo irresistibile».
Eppure lei in Inghilterra ha avuto problemi: allora le polemiche ci sono anche lì?
«Nella mia autobiografia ho scritto le mie verità. E me la sono presa con Van Nistelrooy...».
Che vi direte, quando vi incontrerete?
«Niente. Siamo persone adulte».
Lei non è il tipo che non le manda a dire, vero?
«Si riferisce anche alla mia vecchia polemica con Mihajlovic, vero? Sì, se c´è qualcosa da dire lo dico. Ho carattere».
Avere carattere significa avere un pessimo carattere?
«In molti casi è vero».
Anche per lei?
«In campo sì, ho veramente un pessimo carattere».
Perché?
«Perché voglio vincere, anche se cerco di farlo rispettando le regole».
Che Capello ha ritrovato, dieci anni dopo?
«Lo stesso di prima».
Sorprendente, non trova?
«Devo ammettere di sì. Credevo che fosse cambiato, che si fosse ammorbidito. Invece ha ancora una voglia feroce, un´ambizione incredibile. Ha vinto tutto ma non gli basta, per questo continuerà a farlo ancora. Penso che in Europa come lui ci sia soltanto Mourinho. D´altronde, tra Juve e Chelsea ci sono molte affinità, a livello di mentalità, me lo confermano anche in francesi che giocano a Londra».
Cosa vede, nel suo futuro?
«Io mi conosco bene e so cosa voglio da me stesso, sono io che voglio indirizzare la mia vita, senza lasciarmi condizionare. Ho firmato un lungo contratto con la Juventus perché questi sono gli anni decisivi della mia carriera: potrebbe essere l´ultima squadra in cui giocherò».