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Carlo Ancelotti e Adriano Galliani, problemi tra i due?
Grazia Neri
"Con Sheva ho avuto una normalissima discussione, come ce ne possono essere tra un giocatore e il suo allenatore", così oggi Carlo Ancelotti ha voluto minimizzare la vivace discussione avuta ieri pomeriggio a Milanello con Andrei Shevchenko.
Il colloquio era stato talmente agitato da aver richiamato l'attenzione dei presenti, pur lontani, e delle telecamere di Sky, che avrebbero "interpretato" un labiale di Shevchenko come un eloquente: "Se mi volete tenere bene, altrimenti lasciatemi andare".
Lo stesso giocatore, intervistato poco dopo, aveva subito sgonfiato il caso: "E' vero, ho pronunciato quella frase ma solo per fare capire che non avevo fatto nulla di male. Adesso cercherò di abbreviare i tempi di recupero, che sono di due settimane", ha spiegato il Pallone d'Oro, in riferimento a quello che sembra sia stato l'argomento della conversazione, ovvero la sua operazione al volto, necessaria per rimuovere due placche di metallo, "eredità" del primo intervento chirurgico sostenuto dopo l'incidente di Milan-Cagliari.
Detto che lo stesso Ancelotti ha negato che il colloquio fosse sull'operazione (per la quale Sheva salterà i match americani, anche se per motivi commerciali potrebbe andare negli States per la presentazione della nuova maglia rossonera), resta da capire il perché di un indubbio nervosismo.
Nonostante le apparenze, chi dei due era davvero arrabbiato era proprio Carlo Ancelotti, con il quale Sheva si è giustificato di un intervento che ha avuto l'avallo della società ma del quale il tecnico non sapeva nulla.
Il problema è che questa mancanza di comunicazione si è verificata più volte in questa estate rossonera, creando ad Ancelotti l'impressione di essere sempre più relegato ai margini dei processi decisionali legati alla squadra e, in generale, al gruppo.
In primis ci sono stati i casi di Crespo e Kaladze, con l'allenatore che aveva chiesto espressamente di tenere il primo dando il via libera alla cessione del secondo, che sarebbe appunto dovuto servire a far restare l'argentino a Milanello.
La società, invece, sparando alto per Kaladze (la richiesta iniziale era oltre i 13 milioni, per poi essere abbassata progressivamente fino a 7) ha pressoché reso impossiibie l'operazione, con gran dispiacere del tecnico, che in compenso, poco dopo s'è ritrovato in casa Bobo Vieri senza praticamente essere stato avvertito.
La cosa è stata fatta in modo così "diretto" dalla società che in conferenza stampa Adriano Galliani, a precisa domanda dei cronisti, ha letteralmente strappato il microfono all'allenatore per spiegare che, dopo tanti pranzi insieme, non c'era bisogno di avvisarlo perché conosceva benissimo le sue preferenze.
La cosa è ovviamente vera ma, a livello formale, ha accresciuto il nervosismo di un personaggio solitamente assai pacato come il tecnico di Reggiolo, che, alla fine, è esploso all'ennesima sorpresa, l'operazione di Sheva, che lo costringerà ad andare negli Stati Uniti con il solo Vieri come punta vera - prestiti esclusi - dell'organico, vista l'impossibilità di aggregare l'ucraino, Gilardino (appena arrivato) e Inzaghi (alle prese con un fase di potenziamento atletico per risolvere fastidi al ginocchio).
In sostanza, Ancelotti è stato vittima dell'ennesima, chiamiamola così, "mancanza di delicatezza" della società nei suoi confronti, cosa grave specie se si considera che, dietro le parole di facciata, lo stesso Ancelotti sa che la fiducia della dirigenza dopo la finale di Istanbul è diventa "condizionata": in sostanza, Scudetto o Champions League l'anno prossimo o chiusura del rapporto, con Marco van Basten e Frank Rijkaard alle porte.
Proprio per questa fiducia limitata, Ancelotti avrebbe voluto preparare al meglio la prossima stagione e, soprattuto, potersela giocare in prima persona attraverso scelte che troppo spesso, invece, sono state fatte praticamente a sua insaputa.