Carlos Tevez (120 Viewers)

JuveJay

Senior Signor
Moderator
Mar 6, 2007
72,586
Benatia is something like 6'3" and 88kg and Tevez on more than one occasion shrugged him off with pure strength, he has an amazingly low centre of gravity and upper body strength, and with that determination and vision he's pure class.
 
Jul 1, 2010
26,336
Benatia is something like 6'3" and 88kg and Tevez on more than one occasion shrugged him off with pure strength, he has an amazingly low centre of gravity and upper body strength, and with that determination and vision he's pure class.
On the action that he got injured, he out muscled two Roma players and kept the ball. That was pretty fucking awesome.
 

Sir Miss-A-Lot

Senior Member
May 22, 2013
736
Tevez is world class. What a player! Sure, Suarez and Aguero does better, but that should not neglect the fact that he scores, assists, creates chances and dangerous situations by being involved in the team play, create chances out of nowhere because of his skills and grinta, and works his ass off for the team, which often proves to do a difference. He has it all, and his mentality is perfect and seem to fit our team well.
 

blondu

Grazie Ale
Nov 9, 2006
27,404
Tevez pazzo di Juve: "Scudetto ed Europa League: così voglio fare la storia bianconera. Conte è loco, ti spinge anche nello spogliatoio"

Carlitos si confessa: "La serie A resta il campionato più duro al mondo, se fai gol qui puoi fare gol ovunque. A Fuerte Apache ho visto morire amici, diventai adulto in fretta. Ma lì ho imparato a non mollare mai"

TORINO, 17 gennaio 2014 - Cabañas morì giovane, troppo giovane. Si racconta che avesse ucciso un poliziotto a Fuerte Apache, e da allora fu dunque solo questione di tempo. Il successivo incrocio con le forze dell’ordine sarebbe stato fatale. La pallottola del destino si presentò presto, puntualissima: l’ennesimo inseguimento, uno scontro a fuoco, un ragazzo che resta a terra. Dissero: «Lo hanno colpito gli agenti! No, ha preferito spararsi alla tempia piuttosto che farsi prendere...». Cabañas era il miglior amico di Tevez, ma fece sempre di tutto per tenere Carlitos alla larga dai guai. «Mi proteggevano - racconta l’Apache -, credevano in me, erano sicuri che sarei diventato un grande calciatore e non volevano rovinarmi il futuro. In un certo senso, ero forse il loro potenziale riscatto». Carlitos allunga lo sguardo fra gli appunti del cronista, sul tavolo spunta una foto che ritrae una squadra di bimbi, in mezzo c’è Tevez, vicino a lui sorride proprio Cabañas. L’espressione si fa tenera...

Cosa le ricorda?
«Mi teneva alla larga da tutto ciò che avrebbe potuto compromettermi. Lui e altri amici scelsero una strada complicata, diversa, ma nessuno mi chiese mai di seguirli in certe situazioni...».

Cosa vuol dire per un ragazzino crescere a Fuerte Apache, periferia «maledetta» di Buenos Aires?
«Lì diventi adulto subito, non puoi restare a lungo bambino. La vita è durissima, vai a letto col rumore degli spari che sale dalle strade, vedi morire amici, e mangiare tutti i giorni non è scontato. Da Fuerte Apache, insomma, o non ne esci proprio oppure ne emergi come uomo vero. Ma almeno ai miei tempi c’era una specie di codice...».

Che intende dire?
«Voglio dire che oggi la droga ha peggiorato le cose, ha cancellato ogni formadi rispetto in generale. La droga è ovunque, purtroppo a portata di mano di chiunque...».

Lei perse il suo vero padre molto giovane: fu ucciso?
«Sì, ma non ne voglio parlare...».

Il primo gol che ricorda sui campi di Fuerte Apache?
«Avevo sei o sette anni, torneo delle periferie per bambini: il mio palazzo, il Nudo 1, arrivò in finale e io segnai il gol-partita. C’era un sacco di gente a vederci, tutta la mia famiglia, gli amici... Ricordo la gioia e l’orgoglio che ci univa in quei momenti».

Ha sempre fatto l’attaccante?
«Sì, assolutamente, nemmeno ci provavano a mettermi lontano dalla porta avversaria (sorride, ndr)».

Giocavate in vere e proprie discariche, dove, si dice, dribblavate vetri e tetano...
«Tutto vero, e lì ho imparato a non mollare mai».

Portarle via la palla è un’impresa, e quelle rare volte che la perde va a inseguirla anche fin dalle parti di Buffon...
«E’ il mio calcio, da sempre, quello che ho appunto assorbito per le strade di Fuerte Apache».

Se le dico Boca?
«È la mia vita, la squadra che ho sempre amato. Non dimenticherò mai il giorno dell’esordio in prima squadra, non avevo ancora 18 anni, contro il Talleres de Cordoba. Ci sono restato poco al Boca, per problemi economici fui ceduto al Corinthians, maho vinto ogni cosa e vissuto emozioni incredibili. Ricordo la gioia più grande, l’Intercontinentale 2003 strappata al Milan. E ancora soffro per il cartellino rosso preso nella semifinale di Libertadores 2004 contro il River Plate: avevo appena segnato l’1-1 e l’arbitro mi buttò fuori per troppa esultanza. Superammo poi il River ai rigori, ma io saltai la finale persa con l’Once Caldas. Meno male che prima di lasciare Buenos Aires portammo a casa la Copa Sudamericana, almeno me ne andai con un successo importante».

Voglia di tornare?
«Lo farò, questo è sicuro, ma per ora la mia testa è qui, alla Juve. Sto davvero bene a Torino, e torinese sarà il mio prossimo figlio, Lito junior. A proposito, voglio ringraziare tutti per l’affetto che ho sentito durante il ricovero di mia moglie a fine anno. Lei ora è con me, e io sono felice».

Parliamo allora di Juve: scudetto ed Europa League, è possibile?
«Penso a entrambe le competizioni. Le voglio. Ho vinto campionati in Argentina (Boca), Brasile (Corinthians) e Inghilterra (Manchester United e Manchester City): l’Italia sarebbe il quarto Paese. Sogno di scrivere una pagina di grande storia per questo club».

E l’Europa League?
«È l’unica competizione internazionale che mi manca a livello di club. Altro che coppa di riserva... ».

E poi c’è un digiuno di gol tutto suo, che in Europa dura da troppo tempo.
«Appunto». Il campionato è già finito? «Purtroppo no, nel ritorno avremo gare durissime in trasferta: Napoli, Roma, Lazio, Milan e Udinese per esempio. C’è ancora da sudare».

Roma o Napoli?
«Dico Roma, davvero bene...».

Compagni a parte, il calciatore di serie A che più l’ha sorpresa?
«Sono rimasto impressionato dalla crescita di Callejón...».

Cosa pensa della serie A di oggi?
«Resta il campionato più duro del mondo. È l’università del calcio, la tattica qui è al massimo livello e si soffre su ogni campo. Solo la Juve ogni tanto dilaga (ride, ndr). L’Italia mi sta completando. Se fai gol qui, segni ovunque».

Il difensore che non vorrebbe mai affrontare?
«Rispetto tutti, ma non ho paura di nessuno».

Giriamola allora così: il più forte che ha mai incontrato?
«Roberto Ayala, ha giocato anche in Italia (Napoli e Milan), ed era mio compagno ad Atene 2004, quando vincemmo l’oro olimpico».

Il tecnico più importante nella sua carriera?
«Penso a Carlos Bianchi, che mi ha fatto esordire nel grande calcio. E a Marcelo Bielsa, con il quale ho vissuto i miei anni migliori in Nazionale. Bielsa era appunto il c.t. dell’Olimpica ad Atene. Che grande squadra quella: vincemmo tutte le partite, senza la minima difficoltà, fu quasi una passeggiata».

E Conte a chi assomiglia?
«A nessuno. È un fenomeno, unico, mai visto un tecnico così. È pure un po’ “loco” (ride, ndr). È la vera forza della Juve, non ti molla un attimo, anche quando rientri negli spogliatoi ti chiede di spingere a mille chilometri orari».

Maradona ringrazia Dio per aver fatto nascere in Argentina Tevez e Higuain.
«Diego è il più grande, è di tutti, non solo dell’Argentina. Nel mio quartiere ogni bimbo sognava di diventare come Maradona».

Sempre Maradona, però, dice anche: «Tevez non va al Mondiale perché ha litigato con Grondona ». E’ vero?
«Non voglio parlare di Nazionale, per ora».

Il c.t. Sabella l’ha mai chiamata in questi mesi?
«No».

Cosa pensa di Messi?
«E’ il più forte calciatore argentino di sempre, naturalmente insieme a Maradona, che in più ha un Mondiale vinto».

E proprio Messi potrebbe essere più o meno indirettamente un ostacolo fra lei e il Brasile? La definiscono “el jugador del pueblo”, il più amato in Argentina, quindi potenzialmente ingombrante sia per il c.t. sia per la stella più luminosa della Seleccion, appunto Messi.
«Ripeto: di Nazionale non voglio parlare».

Già, sembra incredibile,ma Carlos Alberto Tevez rischia seriamente di restare a casa. E la motivazione non può essere tecnica. Il ragazzo segna a raffica, là davanti sa fare tutto molto bene ed è il leader riconosciuto della Juventus cannibale in Italia. Al momento gli spiragli sono però minimi, quasi nulli, e allora l’Apache non può fare altro che continuare a stupire qui da noi, trasformando il club, lo scudetto e l’Europa League nel suo Mondiale. Senza «sponsor», solo una trionfale «campagna europea» potrebbe infatti rendere insostenibile la pressione su Alejandro Sabella. E non è detto che basti.

Fonte: GdS (articolo non firmato)
 

Users Who Are Viewing This Thread (Users: 0, Guests: 117)